La figura dell'informatico in Italia

Tratto da Punto Informatico (per l'esattezza da alcuni articoli di Giuseppe Cubasia) ecco alcune considerazioni interessanti sulla figura dell'esperto IT (o informatico) in relazione soprattutto al mercato Italiano (lista degli articoli).

Si paragona tale mercato all'IKEA, con una sparizione di grandi progetti e di innovazione necessari e orientati a dotare il Paese di quelle importanti ed essenziali infrastrutture tecnologiche. Un mercato dove si naviga a vista, senza più la volontà o la possibilità di investire ma caratterizzato da una predilezione verso le soluzione più economiche (spesso tecnicamente poco adatte e dal ciclo di vita molto breve).

Il ristagno del mercato fa si che le competenze informatiche in Italia rimangano in larga parte inoperose e coloro che vi operano si demoralizzino e si sentano poco apprezzati. Interessante è la serie di fattori derivanti, anche se non tutti evidenti, legati a questo stato di cose.

La figura dell'esperto IT è di per se infatti particolare e in parte avulsa: un IT di successo deve sapere interpretare sia i bisogni espliciti del cliente, sia quelli inespressi, ed anticipare quelli che potrebbero generare potenziali futuri fastidi.
Una volta che il cliente ha messo a disposizione la somma richiesta per l'implementazione del "sistema", raramente si preoccupa del processo di produzione o è disposto a sentir parlare di problemi o imprevisti. Si attende che l'informatico (di successo) a cui si affida sappia tutto, sia del prodotto che del Business del cliente.
Quando la posta in gioco è alta e il sistema che sta implementando è di grande importanza difficilmente si bada a spese. In un contesto simile le piccole realtà informatiche sono però automaticamente fuori gioco, ovvero si autoescludono giocoforza, non avendo quel grado d'eccellenza richiesta che le consente di essere vincenti (non investendo nella gestione delle risorse). Quanto più il cliente è esigente e preparato, conosce la materia e fa valere i suoi diritti, quanto più si crea un mercato in cui solo gli IT di successo emergono.
Di nuovo l'Italia sembra far in larga parte eccezione. Un contesto infatti dove le grandi sfide e le opportunità  importanti scarseggiano non seleziona in modo adeguato gli informatici più brillanti o non scarta (come altrettanto efficacemente dovrebbe) quelle aziende che, con risorse poco formate e motivate, non sono in grado di seguire le esigenze del cliente (vivendo di nicchie di mercato con poche possibilità di sviluppo futuro). I buoni professionisti non mancano di certo, ma per colpa dello stallo del mercato e di questa situazione assurda, faticano a trovare il successo che meritano e anzi, superata la soglia dei 35 anni, sono estromessi dal mercato del lavoro.
Tutto questo perché in Italia si è mancato di raccogliere sfide importanti e si sono persi treni a ripetizione nel campo delle nuove tecnologie.

Il ragionamento di molte aziende italiane è spesso inverso rispetto alla logica di un corretto utilizzo dei fattori. Si cerca di pagare il meno possibile per questa o quella risorsa o per sviluppare una data funzione nell'organizzazione (nel nostro caso il sistema informativo) ma non troppo, per evitare di perdere l'intero staff che vi lavora (il cui completo licenziamento potrebbe causare un danno notevole). Affidarsi a collaboratori a progetto o sottopagare una risorsa finché conviene (e produce) è di per sé rischioso, soprattutto nel campo informatico dove, senza un supporto umano professionale, non è possibile pensare a nessun Business basato sui servizi.

Un'interessante digressione a questo punto riguarda il processo di formazione professionale dell'informatico. Due sono le strade principali per dedicarsi a questa carriera.
Una strada più tecnica, intrapresa da ingegneri, statistici, matematici, periti o altra gente di talento con un semplice diploma che, risalendo tutti i gradini della scala gerarchica e iniziando con tanta (spesso inutile) teoria o con un'esperienza diretta "sulla tastiera" (per approfondire poi man mano i vari aspetti professionali), sviluppano una carriera breve di 4-6 anni in tutto. Da qui poi il ruolo di coordinatore (esperto del ciclo di prodotto aziendale a 360 gradi, redattore di documenti tecnici, ideatore di soluzioni ai problemi più generici e punto di riferimento per l'intero team) e poi quello di manager.

La seconda strada inizia solitamente con una laurea in Economia e Commercio. Si parla in questo caso di esperto di prodotto o Business: un soggetto magari non proprio addentro al funzionamento del sistema informativo aziendale ma con una buona conoscenza del flusso di dati e la tematica di Business che questo implementa.
Il suo punto forte è la grande capacità di comunicazione, l'accuratezza per i dettagli formali ed una conoscenza generale sul ciclo di sviluppo. Non è necessario poi che integri queste skill con conoscenze tecniche più formali (facendo spesso conto sulla professionalità di tecnici) ma una buona conoscenza del Project Management è la porta principale al ruolo di Manager.
Quattro anni di esperienza media in tutto, anche se il successo personale può essere spesso bloccato o rimandato a causa di scelte aziendali (qualche volta indipendentemente dalla capacità e dalle conoscenze tecniche, più spesso legate alla scarsa capacità relazionale del soggetto).
Come regola generale comunque l'esperto IT, se animato da passione e voglia di sperimentare, ha sempre qualcosa di nuovo con cui confrontarsi ed in cui cimentarsi e buona probabilità di produrre del buono alla lunga apprezzato dall'azienda (anche se non necessariamente premiato con una crescita verticale).

Ma qual è in definitiva un bravo informatico?
La figura ha visto un'evoluzione chiaramente in concomitanza con il ruolo dell'automazione nei processi aziendali: dal tecnico che implementava e riparava le prime macchine (sempre più diffuse e a basso costo) al professionista che, conoscendo sempre più il processo produttivo, era in grado di fornire soluzioni vantaggiose e anche ricche in termini economici (implementazione di processi di comunicazione email, sviluppo visibilità azienda con la creazione siti internet e promozione nei motori di ricerca).
L'informatico di oggi è principalmente un "fornitore di Servizi" il più possibile aperti e facilmente fruibili dai sistemi più diversi; un soggetto malleabile e flessibile, di supporto al Business ma allo stesso tempo propositivo nella ricerca di soluzioni in grado di potenziare e diversificare i canali di vendita, produzione e commercializzazione (abbracciando quindi l'attività dell'azienda in toto e senza limitarsi a presidiare solamente la tecnologia o l'applicazione che lo riguarda).
I Bravi Informatici sanno che tutto si incentra sulla persona e che sono le persone che realizzano il Business. Le persone sono il capitale dell'Azienda ed i bravi Informatici sono tra i capitali più preziosi, specie lì dove è permesso loro di sperimentare e di proporre idee che diventeranno poi prodotti e servizi.
Un'ottica che mette l'individuo al centro della strategia di impresa, sperimenta il successo dell'equazione "buone persone (motivate e ben remunerate) = buoni servizi".
Molte sono invece le imprese italiane che basano la loro produzione su rapporti Co.Co.Pro, senza nessun futuro in ottica di approccio al cliente e destinate a scomparire nel breve tempo per mancanza di innovazione.
Google non sarebbe mai nata se non avesse permesso ai propri sviluppatori di vedersi riconoscere il proprio valore e le proprie idee, ma soprattutto di non sentirsi colpevolizzati per i propri errori.

Ma c'è un altro punto debole di cui soffrono in generale gli informatici ed è legato alla loro attitudine alla ricerca della migliore e più efficiente soluzione ad un problema (in termini possibilmente di tempo e risorse). L'ottica e l'obiettivo di un manager si indirizza invece alla ricerca della soluzione maggiormente condivisa all'interno dell'organizzazione, con in più il vincolo di commettere il minor numero di errori possibili nell'orizzonte temporale delle scelte.
Un manager - informatico si trova spesso quindi nella difficoltà di spiegare la soluzione ad un problema senza che i suoi interlocutori capiscano (o abbiano interesse a farlo) il processo esatto che ne ha portato  la determinazione. Comunicare efficacemente quindi, come arma molto più adeguata dell'avere la soluzione perfetta, nell'ottica di raggiungere un obiettivo che piaccia e porti vantaggio a tutti (indipendentemente poi dal mezzo).
Non è frequente pertanto sentire la frase "l'informatica è quella cosa che chi la governa non la capisce e chi se ne occupa non la governa".
Per meglio comprendere questo aspetto ecco un semplice esempio, il cui iter è tutta'altro che raro nelle aziende. Si affida, nel modo più diretto e semplice, la soluzione di un problema ad un consulente o società di consulenza esterna. Il manager ha il compito poi (a suon di di coloratissime slide e facendo ricorso alle sue doti di comunicazione) di presentare la soluzione come la migliore possibile e "la più bella" (anche se spesso poi dal costo tutt'altro che indifferente). Capita spesso quindi il tecnico di turno che, facendo notare come il prodotto infine scelto risulti avulso dai processi aziendali e richieda un discreto quantitativo di risorse per essere adattato, risulti totalmente ignorato. Capita anche però che tale processo di implementazione arrivi ad essere così complesso da rendere la soluzione stessa alla fine improponibile, sostituita magari da una proprietaria interna (il più delle volte molto più semplice, meno costosa e spesso già esistente).
Risultato: il manger in questione, salvato dalla equipe di tecnici di turno, dopo aver impiegato il doppio delle risorse risulta comunque il risolutore della situazione e colui che ha fatto in definitiva la scelta migliore possibile.

A tutto questo bisogna aggiungere l'altro aspetto interessante e grottesco della vita dell'informatico, ovvero il modo con cui si trova ad operare all'interno dell'organizzazione.
Molti informatici sono infatti puri realizzatori di codice, che costruiscono il prodotto anche partendo dalla base sulle richieste ricevute. Spesso tali richieste sono illogiche o astruse ma il lavoro viene portato comunque a termine senza troppo ulteriori domande.
Altri passano invece la maggior parte del tempo a spiegare l'inutilità e la scarsa convenienza di questa o quella richiesta dell'utente, proponendo invece, sulla base di quello che è il più delle volte solamente un vago bisogno percepito, una soluzione più congeniale, migliore, sicuramente molto più efficace e se possibile già inventata.
L'ultima categoria è infine quella degli "abilissimi comunicatori e creatori di presentazioni ad effetti speciali Power Point". Di informatica hanno solo una leggera infarinatura e quando si tratta di scendere al livello di produzione, delegano o aggirano la questione, con la più scontata delle giustificazioni del "non essere tecnici".
Un bravo informatico si fa invece apprezzare (qualunque sia il suo livello o ruolo) per essere un veggente (nel capire che il prodotto richiesto dal cliente seppur semplicissimo può impiegare in realtà fino a 10 volte il tempo stimato), un ascoltatore (per la sua capacità di comprendere esattamente cosa richiede il cliente ricorrendo se possibile ad un testo scritto di specifiche), un "malfidato e metodico" (nel testare sempre ogni singola cosa per difendersi dalle numerose perplessità di un utente che raramente ha chiaro in testa ciò che vuole) e ultimo, ma affatto scontato e molto spesso acquisibile con lunga esperienza, un bravo venditore.

Difficilmente infine l'utente finale riesce a capire esattamente la complessità ed il lavoro dietro un servizio IT. L'occhio cade ovviamente sul prodotto finale ed il compenso, pur se il processo può essere stato complesso e sfaccettato, difficilmente potrà basarsi sullo sforzo impiegato.
Vale l'analogia in questo caso del bravo chirurgo che, pur riuscendo ad eseguire una complessissima operazione in modo brillante, non avrà mai fatto oltre il suo obbligo professionale. Far intendere all'organizzazione o al cliente il livello di complessità del proprio lavoro e il valore aggiunto del servizio offerto (così come la capacità di aver migliorato il suo business) sono sicuramente aspetti importanti da valorizzare e senza dubbio il più importante dei talenti da sviluppare.

Di nuovo in Italia tutto questo risulta molto più complicato, con l'aggiunta (al principio del bravo chirurgo) dell'assenza molto spesso di un adeguato compenso.

Ultimo aggiornamento ( mercoledì 09 gennaio 2008 )